Non è infrequente incontrare cittadini del Comune di Bagno a Ripoli che non hanno mai sentito parlare delle Gualchiere di Remole, o ne hanno qualche confusa notizia. Nessuno è profeta in patria, nemmeno un Opificio industriale per la lavorazione della lana posato, da qualche secolo, sulla sponda sinistra dell’Arno. La sua posizione, lontana da Firenze, fu il frutto di una completa riconversione dell’economia produttiva della Città, che delocalizzò la lavorazione dei panni di lana per non subire ulteriormente danni, come quelli provocati dall’alluvione del 1333, con la distruzione delle strutture di lavoro su piattaforme prossime alle mura di cinta. L’Arno è creatura capricciosa, non ama farsi imbrigliare e, ogni tanto, esce dai margini alla ricerca di disastrose espansioni.
A questa esigenza si univano questioni di quella che oggi chiameremmo “salute pubblica”: rumore dei martelli, cattivo odore dei materiali per l’infeltrimento dei panni, condussero a soluzioni più funzionali ed igieniche (dal punto di vista di chi abitava la Città e la governava: problemi e vita grama rimasero gli stessi per i lavoratori,anch’essi delocalizzati).
Finché, nel 1992, giunse alle Gualchiere lo Scultore Piero Gensini che “incontrò” il suo Studio in una di quelle casette malridotte. Fu il “ritrovamento d’un amico”, direbbe Manzoni, un amico che aprì a Gensini nuove modalità di ispirazione, nuove Forme. Egli aveva sperimentato la sua creatività in vari altri studi, sia di Firenze che nell’immediata periferia, meditando, riflettendo e sentendosi partecipe di quell’Astrattismo Classico Fiorentino che, attraverso l’opera e il pensiero, in particolare, di Gualtiero Nativi e Vinicio Berti, intendeva intervenire sulla realtà, alla ricerca della Forma archetipica, in una visione unitaria di Arte e vita. Particolarmente importante per Piero Gensini furono la frequentazione con Gualtiero Nativi e la condivisione della sua poetica, in mutuo scambio e confronto di idee.
E alle Gualchiere si apre per Piero Gensini l’incontro con la Natura, con la voce del fiume e la voce delle pietre, che hanno conservato parole e sentimenti dei tanti che, per secoli, hanno vissuto in quelle case, sofferto tra i magli, a svolgere un lavoro ingrato. Egli difende con tenacia la continuità del termine “opificio” per le Gualchiere, come Opificio delle Arti, in cui si incontrino, in condivisa ricerca, le generazioni di artisti, in cui sia realizzato un auditorium per la creatività performativa, in cui siano allestiti atelier e ambienti di ospitalità per brevi soggiorni di personalità che intendono riflettere e meditare, in cui sia organizzato, nel corpo centrale, un museo attivo, che ripercorra storia e attività del complesso, in una dimensione “antimuseale” e dinamica.
Un progetto… una utopia?
Oggi le Gualchiere, neglette per decenni, sono minacciate da progetti speculativi e molto trendy, in una concezione consumistica, gastronomica e alberghiera, da sfruttare qui e ora. L’antica gora non ha più voce, la sua acqua si è seccata con i lavori, a monte, per una centralina elettrica. Già la fauna dell’ambiente si è impoverita, tante specie di uccelli, che sostavano tranquilli, sono migrate da altre parti.
A documentare la bellezza delle Gualchiere è attivissima Grazia Bianchi, moglie di Piero Gensini, Fotografa d’Arte. Le sue immagini dei riflessi sul fiume, dei tanti uccelli che sostano o volteggiano, sono poesie visive, di cui fanno parte anche gli scatti dedicati alle sculture di Piero Gensini: Grazia ne sa cogliere davvero l’anima, in sapiente uso di inquadrature e di luce.
I tedeschi in ritirata distrussero le mura di cinta delle
Gualchiere per traversare il fiume con i carri-armati.
Questa profanazione ci basta e avanza.
Le fotografie dell'articolo sono gentilmente concesse da Grazia Bianchi.
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